sabato 8 novembre 2008

NOZZE di Cristina Musciacco


“Ragazzi mi sono innamorato. Voglio sposarmi. Si chiama John Bo”. Quando zio Alfredo, ubriaco pronunciò la sera della vigilia di Natale queste parole, la madre ebbe un mancamento, il padre gli rovesciò sul viso il costosissimo brunello che aveva nel bicchiere, zio Salvatore rimase a guardarlo con la bocca aperta piena di cibo, cugina Maria e cugina Lucia, prossime ai voti, si toccarono il crocifisso e iniziarono pregare, il piccolo Carletto gli gridò contro una parolaccia. Solo zia Betty rideva e batteva le mani come sempre usa fare quando accade in famiglia qualcosa di inaspettato.
Quella sera la grande tenuta non assistette allo scambio dei regali, né ai brindisi di festeggiamento. La serata passò tra i litigi del nonno e la nonna che si accusavano a vicende della mal riuscita del loro unico figliolo. Gli zii gli si avvicinavano incuriositi chiedendogli se avrebbe iniziato a vestirsi da donna. Le cugine premevano perché si chiamasse un prete.
La settimana successiva alla rivelazione, zio Alfredo invitò John Bo e la sua famiglia alla tenuta, per dare inizio ai preparativi delle nozze. La sua famiglia si limitava in realtà ad unico fratello.
Il fratello di Bo era l’uomo più bello del mondo. Viaggiatore solitario non c’era paese, città villaggio, foresta, monte, valle, isola, fiume, lago, landa, vetta, pianura, deserto che i suoi occhi non avessero guardato. Ogni comunità che incontrava sul cammino lo accoglieva benevolmente e si disperava quando ripartiva. La sua bellezza gli permetteva di entrare ovunque. Aveva visitato le stanze nascoste di antichi palazzi reali, era stato messo al corrente da oracoli inauditi sui segreti dell’universo,aveva partecipato ai riti sacri di remote religioni misteriche. Ogni sera raccontava una storia diverse: di quando era stato ospite di una popolazione nomade di un deserto asiatico, la quale praticava un comunismo così totale da ignorare totalmente il significato dell’aggettivo possessivo mio; o di quando aveva conosciuto la gente di un’isola del pacifico in cui tutti gli uomini erano schiavi e le donne regine; o di quando aveva abitato presso un villaggio di una foresta tropicale in cui non c’erano leggi, né crimini, tranne uno per il quale si veniva puniti con la morte: compiere 50 anni. Dopo una settimana che il fratello di Bo era con noi alla tenute, tutte le cugine, comprese cugina Maria e cugina Lucia erano incinte. Tra i preparativi per il matrimonio e i preparativi per le nuove nascite, la famiglia era come impazzita. Vecchie abitudini furono abbandonate per lasciare il posto ad alte. Chi fino a quel momento aveva preso il caffè amaro, iniziò a prenderlo zuccherato, chi usava addormentarsi a destra cominciò a dormire a sinistra, chi era stato pacato si trasformò in agitato, chi aveva vissuto da miscredente diventò religioso, chi era sfacciato cambiò in pudico, chi era depresso divenne gaio, chi era loquace si ammutolì , chi era silenzioso cominciò a cantare. Solo zia Betty sembrava quella di sempre anche se ininterrottamente rideva e batteva le mani.
Il giorno fissato per le nozze fu anche il giorno in cui nacquero i bambini. E la famiglia non sapeva come dividersi fra la chiesa e l’ospedale.
Al momento del parto i medici inorridirono: i bambini ridevano.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Che senso ha questo racconto? Visto che non ha né un inizio né una fine avrà sicuramente qualche significato allegorico che mi sfugge.

Anonimo ha detto...

A me invece è piaciuto molto e faccio i miei complimenti alla sua autrice!:) E' vero, lascia molte cose in sospeso, ma allo stesso tempo così facendo dà la possibilità ai suoi lettori di interpretare quanto più liberamente si vuole. A me, per certe note e certe atmosfere, ricorda un pò la scrittura di Doris Lessing...con la differenza sostanziale che la Lessing non è così "eterea" e "sfumata", ma delinea di più le situazioni narrate!;)Il senso che mi viene da attribuire a questa lettura è che spesso un cambiamento, inizialmente criticato e rigettato da tutti come degenerante e "impopolare" (per usare un eufemismo), può significare una svolta decisiva della vita, svolta che, se comunque accolta e accettata nonostante l'iniziale diffidenza, può anche portare quel benessere e quella felicità prima sconosciuti. Spesso i limiti della mente umana non permettono di vedere molte cose e non consentono di "infrangere" certi codici che, invece, di tanto in tanto, andrebbero pure ignorati per la perfetta riuscita della realizzazione di sè. Solo i "matti", che disconoscono il cosiddetto "contratto sociale" e la "normalità", solo loro hanno spesso il merito di accogliere senza scandalo i cambiamenti e di accettarli con naturalezza e generosità.
Francesca

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