domenica 29 giugno 2008

CARDIGAN di Phil Sick


Una moltitudine di ombrelli, uno accanto all’altro… come nei film, una testuggine di nylon nero. Una pioggerellina da funerale e Andrew Degut che indossa l’uniforme da cadetto di West Point, grigia con le bande nere e il cappello da autista di autobus, sobrio come il luogo da dove proviene. Alcune tardone in tailleur muoiono dalla voglia di fargli qualche moina… smancerie al posto delle condoglianze. Si fa finta di niente. Il cadetto è impegnato ad osservare la bara con aria solenne e forse anche un po’ commossa. Magari ripensa a quando il nonno gli comprava il gelato, oppure per un secondo è di nuovo con lui davanti alla tv nel salotto pieno di ninnoli; danno un Western, il pacchetto di nazionali sul tavolino di vetro, il posacenere colmo di cicche… pezzi di Morricone interrotti da un’occasionale revolverata, da un colpo di tosse catarrosa e la nonna intenta a smazzare le carte per il suo solitario napoleonico in sottofondo. Ma forse Degut sogna Tracy Lords o la finale di un Superbowl, dei nachos al doppio formaggio... Lo stanno calando nella terra il nonno, all’interno del sacrario atlantico, con il resto dei camerati.
Gli occhi lucidi del vecchio “Pigafetta” sono azzurri come aspettando lo Tzunami… Alto e curvo, è lì a pochi passi dall’amico… il viso spigoloso, da ligure, proteso verso un’ultima picchiata a pelo d’acqua... rataratarataratà…. E poi gli alti papaveri forniti all’ultimo momento dall’aeronautica: generali da parata con le trippe piene di nastrini e di medaglie. Le mani pelose coperte dai guanti da ordinanza.
Per fortuna la bara è chiusa. Sopra di essa un cappello da colonnello pilota, ma non è il suo. Si tratta di uno fornito dal ministero della difesa…. In fondo sticazzi. Un cappellano militare con gli occhiali appannati farfuglia un mantra cattolico, mentre la manina pingue vibra in aria un’urna legata ad una catenella. Lui a cosa stia pensando non lo so di certo. Un aviere di leva suona il silenzio immaginandosi di essere un trombettista jazz. Anche io farei così al suo posto. L’aria umida è pregna d’incenso ora e prevale sull’odore di terra bagnata, sull’essenza di fiori un po’ vecchi e la poltiglia di aghi di pino. Quando era vivo, il colonnello usava un bagnoschiuma al pino silvestre, la marca l’ho dimenticata, la fragranza no. Io me ne sto un po’ più in disparte perché non indosso nessuna divisa e devo ancora compiere nove anni. Dire che mi piacerebbe indossarne una, di divisa intendo. Mi vedrei bene vestito da ufficiale Gestapo, ma anche se lo chiedessi dubito che me lo permetterebbero… valla a trovare una divisa della Gestapo taglia bambino disturbato... Di certo non c’erano ufficiali nani tra le fila dei soldati del terzo reich. Mia madre qualche ora prima mi chiede di darle il mio pupazzetto di Aquaman per infilarlo nella tasca del blazer nero di mio nonno, così, tanto per fargli compagnia. Non è che la cosa mi alletti poi molto, ma glielo permetto comunque. Sono avvezzo alle sue bizzarrie e poi nonostante la sequenza di prosecchi che ha mandato giù, la vedo abbastanza scossa. Mia nonna scazza con qualcuno per via dei fiori, saranno troppi o troppo pochi? Vallo a sapere. Dopo che il nonno l’hanno bello e sotterrato, andiamo ad ingozzarci in un ristorante di pesce. Le zie si ubriacano, la mamma pure, i vecchi prima ricordano, poi si abbioccano sul tavolo nel bel mezzo delle rimembranze, tra i tagliolini all’astice e la frittura mista. Io studio le diverse epidermidi, le macchie di vecchiaia, le efelidi geriatriche, le dentiere posticce ed i riportini. Mi sballo mica tanto, anzi diciamo pure mi rompo i coglioni. Gioco con i grissini perché Aquaman a quest’ora gioca con mio nonno, o al massimo diciamo che gli tiene compagnia. In fondo mi sta bene, ma non essendo autistico co’ sti grissini mica ci riesco a far nulla di prodigioso, che so, una capannina,oppure un bel hangar sempre in onore di mio nonno… Gli stuzzicadenti, un passo avanti rispetto ai grissini, quelli mi spariscono sotto il naso che questi vecchi nostalgici ci fanno la manutenzione alle dentiere. Mio cugino mi vede fissare una vecchia che ha problemi con la protesi, fa subito la spia così la zia mi sgrida. Un rimbrotto svogliato, ma lui si mette a ridere. L’elaborazione del lutto è varia e agisce per vie misteriose, come quelle del signore. Il signore con la camicia sbafata di astice e mazzancolle…
Nonno non c’è più adesso. La mia eredità consiste di un Cardigan con delle toppe sui gomiti e una macchina da scrivere, una Olivetti non ricordo cosa. Ma non è che me le danno subito ‘ste cose, me le danno qualche tempo più tardi, diciamo pure anni.
Non faccio più la quarta elementare. Piove ancora, ma ci troviamo in un campo nomadi vicino a Roma. Ho le scarpe inzaccherate di fango e dio solo sa cosa, merda di cane, ma anche umana probabilmente. Riesco a non vomitarmi sui pantaloni, che sto già conciato bene così come sono. Mi arriva un odore di fumo di stufa, misto a copertoni bruciati… bruciano tutto quello che trovano questi, anche quando piove. Il tanfo infondo quasi mi piace, perché oramai mi è familiare e vuol dire che sono arrivato. Sono vestito multistrato tipo cipolla, ho pure il cardigan di nonno. Mi ricevono in una baracca piena di bambini, li conosco tutti anche se non per nome. Rispetto a fuori, dove è già calato il buio, fa molto caldo. Al tavolo del salotto, chiamiamolo così, giocano a carte. Sono tutti uomini, ma c’è pure una vecchia che sembra un uomo. Ogni tanto mi sorridono e mi chiedono se voglio della coca-cola per via del fatto che sono un abituale. Accetto, sebbene in questo momento la coca-cola mi fa solo venire da andare al cesso. Me ne sto sul divano a fare il simpatico con i bambini, fin quando madre e figlia riescono a portarmi ciò per cui sono venuto. La figlia è molto giovane, troppo. Sembra la tipa di Alladin anche se ha il culo piatto. A volte mi fa duemila moine, altre mi fa "buffi"che io non ripago quasi mai, dicendomi di non dirlo alla mamma. E’ il nostro piccolo segreto dopotutto…Nella transazione ci va di mezzo anche il cardigan con le toppe. Non che io lo baratti, ci mancherebbe, semplicemente lo perdo. Sono passati vent’anni dal funerale. Esco dalla bisca, mi faccio in una roulotte e mi accorgo di aver perso la mia eredità. Allora ritorno nella catapecchia dove imperversa il pokerino tzigano. Scatta subito una caccia al tesoro, sopra il divano, sotto il divano, tra le sottane della nonna rom,sotto il tavolo da poker... Nessuno ci capisce niente, io meno degli altri. Sta storia del cardigan crea un bello scompiglio. I bambini, la madre, la zia, la sorella, tutti a scandagliare la baracca… Non salta fuori un cazzo. Era meglio se lo lasciavo a casa. A quest'ora c'è una bambina coi baffi, piena di mocciolo, che gira per il campo avvolta dentro al cardigan di mio nonno, con delle zattere sei numeri più grandi e una collana di perle finte…

1 commento:

Anonimo ha detto...

Yutarets! kasagad bah!

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