martedì 17 marzo 2009

PRONTO SOCCORSO di Alessandro Monticelli


La mattina dopo mi svegliai tardi con un dito rotto.
Non ricordavo come fosse successo,la serata precedente era stata molto alcolica
Ma doveva essere accaduto nell’ultimo locale dove quasi all’alba
Buttavo giù gli ultimi bicchieri di vino e rum ballando e stringendo una femmina
Con un viso che purtroppo non reggeva il confronto con il corpo.
Così mi vestii usando nove dita, salii in macchina e mi diressi al pronto
Soccorso.Era quasi ora di pranzo di un sabato mattina privo di caos ospedaliero
Pochi camici bianchi e ancora meno i malati nei corridoi,forse ad una certa ora del giorno anche il dolore si riposa.
Suonai il campanello mi aprirono ed io mostrai il dito all’infermiere con baffi setosi
Che mi disse di attendere, il dito mi doleva ma prima dovevano sistemare un tizio
Con una grande benda su di un occhio e un ragazzo che doveva timbrare un certificato.
Aspettai credo una trentina di minuti pensando a cose assurde e fuori luogo come mi capita
Spesso nelle sale d’aspetto dove ogni tanto ci si ritrova per le più disparate situazioni.
Finalmente la porta si apre ed una infermiera sui trenta anni bassa e bionda mi fa cenno di entrare.
Ci sediamo in una stanza dove mi chiede le generalità e la causa dell’incidente,ignorando la causa mi invento una caduta (lo so da un artista ci si aspetta un po’ più di inventiva ma avevo sonno e la testa ancora fuori fase) lei mi guarda il dito e se ne esce con un “WOW è tutto storto”mi domando
Se prima di metterli là dentro gli facciano un corso di etica sociale sanitaria ma non mi va di risponderle e mi limito a guardarla come fosse un brufolo rosso al centro della fronte.
Dopo qualche minuto mi mandano nella sala raggi,per sapere come sta il dito hanno
Bisogno di una lastra ed anche lì aspetto nel corridoio vuoto non so quanto tempo mentre il personale all’interno di una stanza sparla ad alta voce degli orari di chiusura dei negozi e di una puttana che sembra mettere d’accordo tutti quanti su un paio di specialità della casa.Dalla lastra risulta chiara una frattura,quindi bisogna andare in ortopedia per una visita.Dopo un paio di giri a vuoto mi fanno sedere e tornano alla ricerca dell’ortopedico scomparso,alle mie spalle ci sono dei distributori automatici che vomitano a due tizi tramezzini e coca-cola i due si lagnano delle ultime detrazioni in busta paga e del turno di schifo che fanno. Per quel che mi riguarda credo che la gente sia stufa,annoiata,stanca perché magari fa un lavoro che non le piace, fa delle cose o vive situazioni
Che non le piacciono è insoddisfatta.Così penso che anche un piccolo segno serve a dare respiro
Ad una vita in apnea,può essere qualsiasi cosa da una buona scopata a un sorriso a una
rosa, qualcosa. Finalmente la caccia al medico si è conclusa,seguo l’infermiere ed il radiologo
per le scale, mi precedono in sincronia salendo i gradini uno a uno ed al centro con il cappotto
poggiato sulle spalle li seguo come i pugili quando entrano nell’ arena sferrando montanti
all’aria,il dottore sembra sapere il fatto suo mi dice cosa ho come sistemerà il dito e quando
ma prima di allora ordina agli infermieri di ingessarmi il braccio bloccando il dito. Alle 14:25
il gesso è fatto, mi poggiano di nuovo il cappotto sulle spalle ed esco dalla stanza preceduto
nuovamente dal mio team,ma dagli sguardi della gente e dal mio braccio è chiaro che l’avversarioabbia avuto la meglio. Mi avvio verso l’uscita e aperta la porta mi inonda un mare di luce, chiudo gli occhi e dalla tasca tiro fuori gli occhiali da sole, il mal di testa sembra scomparso la temperatura è mite, un vecchio in una jeep agitandosi bestemmia ad alta voce sporgendosi dal finestrino aperto un cane fermo all’angolo della strada guarda la scena e ride di gusto.

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