venerdì 2 maggio 2008

QUANTO BRUCIA di Mia Preti


Non ho mai conosciuto mio padre. So solo che lasciò mamma, quando non ero ancora nato.
Mia madre faceva la donna delle pulizie presso una famiglia abbiente.
Era un lavoro piuttosto sicuro, ma un giorno ebbe la malaugurata idea di rubare un portacenere di cristallo.
Non voleva rivenderlo, le piaceva la forma a conchiglia.
Ovviamente la scoprirono e ovviamente rimase senza lavoro e senza posacenere.
Non riuscendo a provvedere da sola, alle spese della casa, mi portò presso un orfanotrofio gestito da suore.
Mi disse che era una colonia, che avrei trascorso un paio di mesi di ferie e che allo scadere del termine ci saremmo trasferiti in una grande città. Forse in Italia.
Non tornò mai più e probabilmente andò in Italia da sola.
Io invece rimasi nella colonia e cercai di vivere.
Eravamo in 67.
Ricordo questo numero perché ci contavano ogni mattina e ogni sera.
Stavo nel gruppo dei putti; avevo 3 anni.
Le suore chiamavano putti i piccoli, arcangeli, i mezzani e chierichetti i grandi.
Era indispensabile conoscere il proprio gruppo d'appartenenza. E io non mi sbagliavo mai.
Il primo anno trascorse abbastanza serenamente. Mangiavamo una volta al giorno e ci lavavamo una volta alla settimana, per non sprecare i doni del Signore.
Ricordo che una notte mi venne un fortissimo mal di denti, e le mie urla raggiunsero la camera della suora superiora.
Arrivò in vestaglia, con i capelli scompigliati e l’aria minacciosa.
Mi legò al letto, mi spalancò la bocca e mi rovesciò un bicchiere d'acqua. Santa.
Per me era acqua. Fredda. Gelida.
Mi provocò una fitta lancinante e le lacrime sul viso bruciavano come il sale sulle ferite.
Accorsero tutte le suore e cominciarono a tenermi ferma la testa, che io sbattevo a destra e a sinistra per supplire a quel male così acuto.
Cominciarono a schiaffeggiarmi, tutte insieme e dopo un po’ di tempo, non saprei per la precisione quanto, il dente si staccò dalla gengiva.
La madre superiora mi fece mettere in ginocchio e mi ordinò di pregare fino al mattino seguente, per ringraziare Gesù del miracolo compiuto.
Io sentivo ancora una dolenza insistente, ma per evitare altre botte imparai a trattenere il dolore.
Per una settimana non toccai cibo.
La mia guancia sembrava una mongolfiera.
Le suore mi sorridevano e mi accarezzavano, complimentandosi per non aver gravato per quei giorni, sul bilancio dell’orfanotrofio.
Uno dei mezzani mi consigliò di lavarmi i denti spesso, per evitare un altro ascesso.
Mi confidò di averlo letto in un ritaglio di giornale, trovato nello studio di suor Julia.
Avevo lo spazzolino sempre con me, ma quando Suor Bozena se n'accorse mi chiuse in uno stanzino buio e puzzolente, confiscandomi lo spazzolino e urlando che con quello dovevano lavarsi i denti gli altri 66 bambini. Strillava, con quella sua voce acuta, che il Signore avrebbe severamente punito il mio egoismo.
Quando morì Marek, uno dei chierichetti, le suore scavarono una fossa nel giardino vicino all’orto e ci regalarono i suoi vestiti.
Marek era buono. Alto, biondo, con un occhio grigio e uno marrone.
Morì alle sei di mattina, di una glaciale giornata di dicembre. Da quel giorno, per il resto della mia permanenza, la sveglia suonò sempre a quell’ora.
Dovevamo svegliarci e correre in cappella a pregare e vegliare per il suo spirito.
Una mattina mi nascosi sotto il letto, coperto con il lenzuolo; nella speranza di non essere visto. Avevo tanto sonno.
Suor Bozena mi trovò subito e mi diede così tanti calci, che i lividi violacei ricoprirono il 90% del mio corpo bianco.
Mi legarono con una catena in giardino, nudo nato.
I -20°C spaccarono la prima pelle. Quanto bruciavo.
Gesù mi avrebbe ripulito di tutti i peccati, in una sola notte?
Pregai di morire. Ma non fui ascoltato.
Da quella notte smisi di credere in Dio.
Quello che ricordo ora, non sono gli sconcertanti avvenimenti della mia infanzia.
Quello che ricordo è che a 5 anni ero già pronto per morire.
Quanto brucia vivere.
Quanto brucia essere vivo.
Quanto brucia sopravvivere.

Quanto brucia.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

profondo e struggente, nella sua semplicità.
è una storia vera?probabilmente sì.

complimenti da rxxo

Anonimo ha detto...

una conferma alle tue capacità di scrittrice. Continua con il tuo progetto (e noi due sappiamo cosa intendo...) :-)
abbraccio
raf

Daniel ha detto...

Feroce e forte. Scritto divinamente.
Daniel

Polpette Volanti ha detto...

Porc Ami Seria.

Complimenti.

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