domenica 29 giugno 2008

IL COLLEZIONISTA DI OMBRE di Marilia Tortora


I passi vibravano nel buio affondando nel silenzio ovattato di una notte d'inverno. La luna, nascosta tra le nubi ,si affacciava nel buio come una donna intenta a pettegolare dalla ringhiera di un balcone. Lorenzo, sguardo fisso sulla strada, inseguiva la linea bianca come un levriero che insegue una lepre di plastica. Finalmente il bar, meta agognata dove ogni sera dissolve la sua solitudine in una bottiglia di whiskey.
-Ciao Carlo, portami il solito-
-Certo signor Lorenzo....il solito.-
Carlo si allontanò a passo svelto con l’andatura ondeggiante che lasciava a sprazzi trasparire, sotto il riflesso delle luci del locale, la nuca lucida e priva di capelli.
Erano ormai due anni che Lorenzo frequentava quel bar. Come ogni notte, si ritrovava lì con pochi disperati a raccontarsi in un bicchiere il suo male di vivere. Lorenzo era un attore, calcava le scene da quasi vent'anni, tutte le sere in scena a strappare applausi tra un tempo e l'altro. Cinquant'anni portati alla grande, in un corpo possente ed elegante che sembrava essere destinato da sempre ai riflettori. Il teatro gli regalava quella magica emozione di trasformista, ogni volta una nuova esistenza da inventare, rubare l'identità di un nuovo personaggio e perdersi nel mistero di quella diversità così assurdamente eccitante. Solo quando rivestiva i panni di Lorenzo, l'emozione si spegneva nel grigiore di un esistenza vuota e senza imprevisti. Per questo le sue performance teatrali finivano ogni sera allo stesso modo. Spenti i riflettori, calato il sipario, si nascondeva nel buio della notte cercando nell'alcool quella scarica di adrenalina negata alla sua esistenza. Era abituato a ridere, piangere, disperarsi, gioire, solo per sentire scrosciare quell'applauso che gli avrebbe dato la spinta giusta per risvegliarsi domani.
Assorto nei suoi pensieri, giocherellava col suo bicchiere intingendo sul fondo uno sguardo assente.
Stava per andare via, quando la sua attenzione fu attratta da un piccolo oggetto che sembrava brillare sul pavimento. Si chinò in avanti spingendosi sul bordo della sedia mentre con l'altra mano si puntellava al tavolo in cerca di un punto d'equilibrio. Riuscì a raggiungere l'oggetto e si accorse con sua grande meraviglia che era un gemello, con una strana e indecifrabile effige. L'occhio cadde su un uomo che non aveva mai visto in quel bar. Era seduto davanti al bancone a sorseggiare un caffè con movenze lente e quasi femminee che sembravano fare a cazzotti con l’atmosfera da marinai che regnava nel locale. Era vestito con uno smoking grigio antracite su cui risplendeva il bianco candido della camicia costretta al collo da un papillon di seta splendente. Lorenzo si ritrovò a chiedersi cosa ci facesse un individuo del genere a quell’ora di notte in un locale come quello. Ma non tardò ad avvicinarsi all’individuo quasi preso dalla smania di terminare quanto prima quel contatto umano inevitabile. Non era abituato a ritenere sua proprietà gli oggetti trovati e quell’uomo gli sembrava plausibilmente il possibile possessore di quel gemello .
-Mi scusi…credo abbia perso questo-.
L’uomo in smoking si voltò lentamente, in un gesto ieratico ed elegante che sembrava provenire da altri tempi.
-La ringrazio, ci tengo molto a questi gemelli, si tramandano da diverse generazioni nella mia famiglia. Ha un grande valore economico oltre che affettivo Non so quante persone sarebbero state così oneste da restituirmelo. Posso offrirle da bere? Voglio ringraziarla per la sua gentilezza..e...mi perdoni...la sua onestà-.
Lorenzo lo guardava con uno sguardo stranito. Quell'uomo poteva avere una trentina d'anni, era di una bellezza ambigua che sembrava scaturire da un eleganza fine ed antica che stonava con lo squallore di quella bettola nauseabonda e buia.
-La ringrazio,ma ho già bevuto. Stavo per andare via.-
-Allora mi permetta di accompagnarla ,faremo un po' di strada assieme, anch'io stavo per andare via.-
Lorenzo avrebbe preferito rimanere solo, come sempre, era infastidito da quella richiesta che gli sembrò strana e un po' ambigua, ma non seppe dire di no.
S'incamminarono nella notte l'uno a fianco all'altro, in un silenzio greve di imbarazzo che li rendeva sempre più estranei.
Improvvisamente,il suono di una campana squarciò il silenzio rompendo il rimbombare fragoroso dei loro passi sull'asfalto. L’uomo in smoking iniziò così a parlare mentre Lorenzo continuava imperterrito a fissare il suolo.
-Sa perché adoro la notte? Al buio non puoi mentire,sei solo e semplicemente te stesso..Tutta la tua vita ti scorre davanti quando sei al buio, mentre la luce ti spinge a fingere, a crearti un immagine che possa piacere agli altri , a quelli che condividono con te il chiarore del giorno. Di notte senti il battito del tuo cuore, sei lontano da occhi indiscreti che ti costringono ad essere quello che non sei,un involucro senza espressione e senza vita che prende le forme di chi ti sta di fronte.-
Lorenzo rimase in silenzio,ma non poteva fare a meno di riflettere sulle parole dello sconosciuto. Non poteva negare che quello era sempre stato il suo pensiero,da quando sua moglie era morta due anni prima, lasciandolo solo e disperato, lui aveva fatto della notte la sua migliore compagna e la sua maledizione. Si sentiva in colpa perché quella sera lui non c'era, quando lei era stata aggredita e violentata da un branco di balordi, lasciata esanime sul letto che li aveva visti uniti e abbracciati ogni sera da quindici anni a quella parte, lui era in scena a recitare l'ultimo atto del suo ultimo copione da uomo felice. Quella notte finì la sua esistenza per entrare nel mondo dei sensi di colpa che come spettri si aggiravano intorno al suo letto impedendogli di dormire .Fu l'alcool a salvarlo dalla sua disperazione,quando non era sul palcoscenico,il suo tempo lo trascorreva al bar immerso in un bicchiere dove affondava il suo dolore fino al giorno successivo. Solo il teatro lo faceva sentire vivo lì si fingeva libero dai suoi ricordi, da quel dolore sordo e cieco che lo schiacciava ogni giorno di più .Ma, chiuso il sipario, spenti i riflettori, tutto ritornava come prima alla solita assurda realtà che gli si parava davanti con tutto il suo carico di nostalgia e disperazione.
Per questo le parole di quell'uomo non potevano lasciarlo indifferente. Lorenzo ha spento la notte nell’alcool, perché non sopportava l’idea di confrontarsi con se stesso, di scoprirsi solo in balia delle sue colpe.
Lo sconosciuto intanto,con una luce nuova negli occhi, alzò lo sguardo verso Lorenzo costringendolo a fare lo stesso. Si fermò di botto dinanzi a lui e, prendendolo per le spalle gli si parò davanti come una belva che ha puntato la sua preda.
-Ti confesso una cosa, io ho scoperto il modo per rendere gli uomini felici senza essere costretti a nascondersi al buio della notte. Il mistero della nostra inquietudine e della nostra incapacità di essere si nasconde nella nostra ombra. L'ombra è la sede del nostro dolore, dei nostri sensi di colpa. E' la materializzazione della nostra disperazione ed appare di notte perché solo allora smettiamo di recitare e diventiamo più vulnerabili. Lei ci è davanti, ci precede nel nostro cammino, appena un raggio di luce rompe l’oscurità della notte, lei ci assale inchiodandoci alla nostra realtà, vomitandoci addosso ciò che veramente siamo, esseri scuri, limitati dai nostri stessi errori che disegnano la nostra sagoma. L’ombra è il riflettore proiettato sulla nostra anima, è impossibile fingere o ignorarla, la sua oscurità è più forte della luminosità del giorno, quando ci illudiamo che tutto ciò che ci fa star male si possa dissolvere tra i raggi del sole.-
Quelle parole furono per Lorenzo un vero e proprio pugno sferrato in pieno petto. Si sentiva confuso, scavato dentro da una forza irresistibile e possente che lo lasciava stremato e completamente inerme. Lacrime copiose cominciarono a sgorgargli dagli occhi mentre cadde in ginocchio,davanti allo sconosciuto che lo guardava col compiacimento dell'arciere che riesce a fare centro al primo tiro .
-Ti prego, aiutami a convivere con il mio dolore,aiutami a sopportare il senso di colpa..- Tu dici di sapere il segreto per non provare più dolore, Farò qualsiasi cosa se tu condividerai con me questo mistero!-
L’uomo in smoking tirò dalla tasca una scatola d'argento. Un raggio perverso, rapito alla luna, risplendette improvviso come una stella cadente spegnendosi poi lentamente nel chiarore delle stelle improvvisamente apparse a dipingere la notte
-Io posso regalarti la tua libertà se solo tu mi darai la tua ombra. Ti libererò dall'oscurità che ti porti dentro e finalmente riprenderai a vivere.
-Prenditi la ma ombra col suo carico di angoscia e di solitudine e inventami una vita che sappia restituirmi dignità e pace...-
Fu un attimo,la scatola improvvisamente si aprì mentre un dolore acuto sordo,si accaniva sulle ossa e sui muscoli di Lorenzo, strappandoli dolorosamente dalla loro sede naturale. Poi...il nulla ,niente più lacrime ,né dolore, un senso di vuoto profondo prese il posto della disperazione. Gli occhi gli si asciugarono all'istante mentre lentamente si risollevò. L'uomo, intanto, era scomparso lasciandolo solo per la strada .La luce di un lampione gli lanciò di rimando l'immagine sinistra di corpo senza ombra. Tornò a casa con la strana sensazione di aver perso per sempre qualcosa cui non riusciva a dare un nome. Non provava niente,né gioia, né dolore, questo gli bastò per sentirsi uomo.
L' indomani successivo tutto riprese come prima. Anche la foto della moglie,che ogni mattina scrutava sul comodino dal suo letto vuoto e senza vita, sembrava non dargli più nessuna emozione. Si compiacque di questo, ma non riusciva a provare gioia. La sera dello spettacolo si recò nel camerino aspettando che arrivasse il momento di entrare in scena. Ma nemmeno quello riuscì a dargli un'emozione. Un senso di profonda inquietudine lo assalì mentre bussarono alla porta per chiamarlo in scena. Fu il primo di una lunga serie di fiaschi che si susseguirono da quella sera in poi. La critica stroncò la sua performance artistica giudicandola fredda e assolutamente priva di emozioni. Fu cacciato dal teatro dopo quella serie di insuccessi.
Ridotto ormai ad una larva, si trovò una sera a percorrere la stessa via del bar. Fu allora che capì, si rese conto che un uomo non può vivere senza le sue emozioni,senza soffrire, piangere ridere. Aveva bisogno di ritrovare la sua ombra, doveva a tutti costi scoprire dove viveva quell’uomo che per sempre lo aveva rapito a se stesso, ma non aveva idea di come fare per ritrovarlo. Tutte le sere ritornò a percorrere la stessa strada ma di quell'uomo...nemmeno l'ombra. Una sera ,affacciato sulla sponda del fiume,guardava la luna ballare tra le increspature dell'acqua. Sembrava chiamarlo nella sua immagine riflessa, in quell’ombra di luce che si allungava nell’acqua quasi a volergli indicare una via misteriosa. Gli venne l'impulso irresistibile di confondersi in quei raggi,di dissolversi nella scia dorata e diventare per sempre chiarore. Salì sul bordo del ponte,come un airone pronto a spiccare il volo e librarsi sulla superficie dell’acqua. Le labbra strette in una morsa dolorosa,seccavano al vento e al freddo intenso della notte. Improvvisamente, un sapore sconosciuto da tempo,un leggero rivolo umido gli attraversò il viso e si tuffò nella bocca arsa inumidendo le labbra con una sostanza antica che da tempo non ricordava più. Fu un attimo, lo sguardo gli cadde nel fiume ed una strana figura scura,simile al suo corpo, si adagiava sul fiume rischiarata dall'aura dorata della luna. Vicino ai suoi piedi, un piccolo oggetto rotondo, brillava vistosamente nella notte. Le labbra si sciolsero in un sorriso bagnato. Non si era mai accorto di quanto fosse dolce il sapore delle lacrime….
Scese dal muretto, prese il gemello e se lo infilò nella tasca.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Intrigante e affascinante, lo stile di scrittura sembra introdurti pian piano nella mente dei personaggi fino a farti quasi identificare in loro.

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