mercoledì 28 gennaio 2009

EIACULAZIONE MISTICA di Marco Smorra


Non riusciva a capacitarsi di quello che le stava accadendo. Maurizio le stava seduto a fianco, sulla poltrona, con il pisello dritto, tanto irto da apparire un fenomeno innaturale.
Era quasi mezzanotte e la serata, trascorsa a bere vino condito con ammalianti inutili discorsi tra amici-conoscenti, occupava nei loro cervelli l’area dei ricordi a breve termine, che una buona dormita avrebbe completamente cancellato.
Ora lui le era accanto e quello che le stava accadendo avrebbe potuto occupare le pagine più pateticamente poetiche del suo diario segreto. Grazia annotava tutto quello che le accadeva in quei suoi fottutissimi quaderni, da quando, a tredici anni, aveva letto il 'Diario di Anna Frank'. Aveva deciso che il suo dolore quotidiano era degno di annotazione, comparabile a quello di un’adolescente alla quale era stata strappata la vita come uno sbudellamento lento e meticoloso, senza anestesia.
Il lavoro di persuasione di Maurizio era riuscito brillantemente:
“Dai, fammi salire da te, solo cinque minuti!. Il tempo di chiacchierare ancora un po’ e poi andrò via!”.
“No, dai…s’è fatto tardi, possiamo vederci domani!”.
“Come vuoi, ma è un peccato”.
“Ok, solo cinque minuti però!”.
Intanto Maurizio le accarezzava i capelli, con una delicatezza ed una voluttà che lei, in tutta la sua vita, aveva solo potuto assaporare raramente ed in solitudine. Come in quelle poche notti che le era risultato davvero difficile non consumarsi il clitoride con il dito medio della sua piccola e nerboruta mano sinistra.
Non provava una tale attrazione per un maschio, da quando alle superiori s’era innamorata di Giuseppe, uno splendido ragazzo dalla dentatura perfetta, capoclasse, sempre in ordine, con un tale consenso tra i coetanei che già dall’ora era chiaro a tutti che da adulto avrebbe occupato senza difficoltà la poltrona da sindaco di Casamale.
Maurizio non aveva nessuna voglia di rincontrarla, aveva solo voglia di giocare con quella curiosa figura di donna. Non intendeva mancarle di rispetto, ma avere davanti una vergine di trentasette anni, lo eccitava da morire. Grazia, dal canto suo, sentiva l’odore di giovinezza di Maurizio e quell’odore era tanto forte da mettere in discussione tutti i precetti inghiottiti in trent’anni di devozione alla parrocchia del paese.
Mauri, così lo chiamavano tutti, aveva ventisei anni, di bell’aspetto, trasandato. Aveva uno stuolo di le ragazze che continuavano a cercarlo, nonostante il suo disinteresse per i rapporti impegnativi. Questo Grazia lo aveva appurato dalle continue telefonate ricevute durante la serata, seguite da un suo cordiale rifiuto:
“No Chiara, stasera non ci sono, sono in giro con amici”. “Magari domani Anna, come?...ah scusa Anna…stasera vorrei tornare a casa presto”. E formalità del genere.
Quella sera Grazia era agghindata per le migliori occasioni. Era un ragazza estremamente curata, depilata e levigata, da fare invidia al migliore ritocco con il photoshop , odorosa, tanto da non avere bisogno di costose fragranze per saturare l’area di corteggiamento. Preservava bene il suo corpo, evitando accuratamente di prendere la patente, perché preferiva camminare a piedi. In realtà non sarebbe mai riuscita a superare il trauma del primo spegnimento del motore per inesperienza nell’utilizzo della frizione.
Dopo il primo bacio, che Mauri era riuscito a strapparle senza difficoltà, il cazzo gli si era indurito tanto da sentirsi in diritto di sbottonarsi il pantalone per estrarre la sua mercanzia. Grazia guardava fisso il nervo ed arrossì, non per le dimensioni, ma per la naturalezza con la quale lo avevo estratto.
La casa di Grazia era pervasa da un odore, non cattivo, ma che sapeva di vecchiaia. I suoi erano morti da sette anni, a poca distanza l’uno dall’altro, ma lei non aveva osato sfiorare nulla in quella casa nient’altro che la polvere, accumulata sui cimeli, rimossa con quotidiana meticolosità. Continuava a dormire nella sua angusta cameretta, che un tempo condivideva con la sorella, ormai sposata da cinque anni. Maurizio non si accorse di quell’atmosfera di antiquariato, altrimenti sarebbe scappato. Aveva tanta paura della morte e della vecchiaia che niente, se avesse riconosciuto il tanfo di stantio, l’avrebbe potuto trattenere in quella casa.
Grazia, in quella situazione imbarazzante, avrebbe voluto liberarsi di Mauri in un secondo, per poi correre nella sua stanza a pregare sottovoce la madrevergine per invocarne il perdono. Ma ormai era tardi, sapeva che non sarebbe riuscita a liberarsi di lui così facilmente. Era troppo eccitato per staccare il culo da quella poltrona.
Le effusioni che si scambiavano sembravano più una lotta che un corteggiamento, ma non era stato difficile sbottonarle la camicetta bianca, che appena le arrivava all’ombellico. La carne scoperta di Grazia aveva davvero un buon odore che eccitava Maurizio. I trentasette anni di quella donna erano annullati dall’adolescenza della sua pudicizia.
Maurizio, per quanto eccitato da quella situazione, provava una certa compassione per lei. Fiutava il suo imbarazzo, la delicatezza dei suoi no, fai piano, ma era tardi ormai, non poteva gettare la sua serata senza poter svuotare le palle del suo liquido prezioso.
Con uno scatto armonioso Mauri riuscì a farla stendere sul divano e braccarla con il suo corpo pesante. Tentava di essere delicato, ma doveva un qualche modo ammansuetirla. La gonna di cotone di Grazie lasciava ormai posto alle mutande di pizzo delle quali non si riusciva ad indovinarne il colore. Grazia aveva evitato di illuminare tutta la casa, accendendo solo il piccolo lume posto sul un tavolino di fianco alla poltrona. Non voleva assolutamente che qualche vicino potesse immaginare che stesse ospitando qualcuno, magari un uomo, a quell’ora di notte. Lei, devota alla verginemaria, non poteva mancare di rispetto al lutto che affliggeva la sua casa!.
Ma ormai Mauri le era sopra, con il suo nervo che premeva tra le grandi labbra. Comprendeva la sua contrariata eccitazione, tanto che gli parve premere il cazzo contro una spugna imbevuta di acqua e sapone. Grazia continuava a respingerlo ma il piacere le saliva al cervello, ma non riusciva al liberarsi completamente dei precetti che continuavano a dare una forza straordinaria a quella piccola mano sinistra, che proteggeva il suo sesso dal nervo vigoroso di Maurizio.
Dopo un quarto d’ora di tentativi Mauri decise di cambiare strategia e concentrò le sue forze tentando di spingere il capo di Grazia all’altezza del pisello. In una contorsione disumana Mauri vinse la repulsione nervosa del collo di Grazia, avvicinandole il pisello fino alle labbra. Lei, nonostante fosse contrariata, avvicinava la bocca al glande, ma con un movimento simile a quello di una colomba alle prese con una mollica di pane troppo grande per il piccolo becco.
Dopo mezz’ora erano entrambi stremati. La faccia di Grazia era stravolta. Alternava lo sguardo di paura a piccoli sorrisi. Non provava disgusto, ma le sembrava già abbastanza, tanto da poterlo liquidare e sprofondare in un sonno tranquillo, preceduto da un veloce e meccanico attodidolore.
Ma Mauri non intendeva assolutamente abbandonare la casa della vergine. Ci furono dieci minuti di tregua. E lui notò la faccia di Grazia quasi estasiata. Lei era distante mezzo metro da lui, con le gambe chiuse ermeticamente, ma scoperte, ed il seno destro era straripato dal reggiseno.
Mauri la guardava ed il nervo pulsava dall’eccitamento. Con la mano continuava, più che a cercarla, a calmarla l’affanno ritmico che le gonfiava il petto. A Grazia erano rimasti gli occhiali da miope incollati al viso, che le ingrandivano gli occhi, che le davano ancor più un’aria innocente. Un sentimento di colpa invase l’anima di Maurizio. Perché mai avrebbe dovuto continuare a profanare quella giovane e delicata donna. Era sicuro che Grazia avrebbe impiegato mesi per assimilare quella nottata.
Ma l’istinto predominante gli diede nuova foga ed in un frangente gli balzò nuovamente addosso. Ma questa volta le si mise a cavalcioni sulla pancia e le serrò le braccia con la sua robusta mano sinistra. Grazia non capiva cosa le stava accadendo e Maurizio, dopo averla immobilizzata, iniziò a masturbarsi con la destra. Lei gli disse: “Ma cosa stai facendo?. Dai smettila!. Non mi piace che fai così!”. Ma il movimento sussultorio della mano di Maurizio s’era orma impossessato della sua coscienza e fissava ardente la faccia di Grazia che non riusciva a staccare gli occhi dal nervo di Maurizio. Lui biascicava piccoli gemiti, sapeva che di lì a poco sarebbe venuto, tanta era l’eccitazione. Prima degli ultimi colpi assestati al nervo, si inarcò fino ad azzeccare il pisello alla faccia di Grazia, e la sua mano colpiva ritmicamente il mento di Grazia. Si, si, oh…si….ahhh…!!!
Gli venne in faccia con un vigore che avrebbe ricordato per tutta la sua vita. Il suo seme zampillò potente sulla faccia di Grazia, inondala dalle labbra, su per il viso, fino agli occhiali. Negli ultimi istanti che precedettero l’eiaculazione, Grazia sembrò sibilare un gemito di piacere, ma Mauri non era sicuro di averlo sentito. La faccia di Grazia si colorì di una strana espressione, che non era né di disgusto ne di piacere, ma simile all’appagamento. Dopo essere venuto Mauri si stese sul corpo di Grazia fino ricoprirla per intero. Le mani di lei, ormai libere dalla morsa, si profusero in un abbraccio tanto energico che Mauri non riuscì a capacitarsi che un così esile corpo potesse sprigionare tanta forza.
Stettero in quella posa, inermi, per quasi dieci minuti, dopo di che Mauri si rialzò e si ricompose occultando il nervo nelle mutande, ormai ridotto a poca cosa. Grazia non disse una parola e si passò la mano sul viso, testando la sostanza liquida che la ricopriva ed ingoiò, con sforzo, per la gola secca; sembrò quasi stesse saggiando il seme di Mauri.
Maurizio ormai s’era rivestito. Un sentimento di angoscia lo assalì, mentre tentava di indovinare i pensieri di Grazia. Le disse, con la consapevolezza che quel che diceva non sarebbe mai accaduto: “Io vado s’è fatto tardi, ci sentiamo domani”. Lei non disse una parola.
Maurizio usci dalla sua casa, un bel po’ turbato. Scendendo le scale si trovò di fronte il loculo del palazzo, debolmente illuminato, che conteneva la statua della vergine, che prima non aveva notato. Stette qualche istante ad osservarla e poi, quasi senza rendersene conto, si fece il segno della croce e recitò un atto di dolore, sbagliando anche le parole sostituendo ‘molto più’ con ‘e per di più perché ho offeso…’
Grazia rimase stesa sul divano. Aveva ancora sul viso i segni dell’eiaculazione. Ora era sola. Gli venne da ridere, mentre le sgorgavano due piccole lacrime che evaporarono prima di arrivare al collo. Ma si sentiva libera, come sollevata da un peso, ma quel sollievo non era dovuto all’assenza di Mauri.
Sentì il portone del palazzo richiudersi. Si apprestò alla finestra, scostò un poco le tende e vedendo quel ragazzo con il capo chino avviarsi all’uscita del viale sospirò: “A presto piccolo mio, grazie”.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Non ho ben capito cosa cercava di trasmettere l'autore con questo racconto.

A dirla tutta lo trovo un po' squallido, ma forse mi è sfuggito qualcosa.

Maria Antonietta ha detto...

la verità del racconto....della vita.
Maria Antonietta

Anonimo ha detto...

Caro Anonimo,
non comprendo la necessità di dover trovare una "morale", un "messaggio"...forse ti ha tratto in inganno il mio nome da evangelista, nel caso...ti invito a rileggere il cognome (ovviamente scherzo).
credo che realmente ti sia sfuggito una cosa, che è un racconto, narro una storia, un evento; per avere risposte/messaggi bosogna frequentare altri tipi di testo.
Grazie per avermi letto.
Marco Smorra

Polpette Volanti ha detto...

Ciao Marco, sono il Caro Anonimo.

Mi chiedo che cosa, del mio commento, ti abbia portato a pensare che io sia alla continua ricerca della morale di un racconto, o di un messaggio che tenga alti chissà quali valori o pretenda di dare a tutti una solenne lezione di vita.

Ciò che ho scritto era riferito più che altro alla gamma di sensazioni/emozioni che ho provato leggendo questo racconto e, in questo caso, entrano in gioco innanzitutto la propria soggettività (senza la quale nemmeno il migliore degli scrittori [e che cosa vorrà mai dire poi] riuscirebbe a colpirci), e in secondo luogo l'abilità dello scrittore, ma che poi nell'arte come piace intenderla a me si traduce a un: "Per me puoi anche scrivere di merda ma se ciò che mi arriva mi colpisce, mi sorprende nel bene o nel male, allora sei un artista."

Onestamente quello che ho appena scritto potrebbe essere benissimo un'accozzaglia di puttanate, faccio davvero fatica a esprimermi ma, parlando terra terra, paragonerei questo racconto allo sperma (non necessariamente appartenente al nervo di Mauri). L'ho saggiato, e il sapore era amarognolo, insoddisfacente. Ma è solo colpa mia, dato che è stato un rapporto orale piuttosto forzato... Sarò forse anche vittima di un certo masochismo, che mi ha spinto ad andare fino in fondo nonostante i chiari segnali di rifiuto e il sapore amarognolo che andava diffondendosi nella mia bocca.

Anonimo ha detto...

“paragonerei questo racconto allo sperma . L'ho saggiato, e il sapore era amarognolo, insoddisfacente”...molto incisiva/o.

Credo sia proprio il caso di dirlo..."De gustibus non disputandum est".

Grazie ancora per avermi letto e replicato.

A presto

Anonimo ha detto...

Questo racconto fa abbastanza pena.

È ancora più squallido della realtà stessa; nessuna introspezione, nessuna descrizione, solo questo ostentato bisogno di sessosessosesso che delude qualunque aspettativa. Ci ho messo secoli a leggerlo.

Come li hai ottenuti tutti quei voti?!

marcosmorra ha detto...

in risposta al commento precedente..(20 febbraio 2009 5.04)

I voti… facendo click sul pulsante “voto” a fianco, suppongo.
Credo che chi abbia votato sia riuscito a leggere qualcosa di diverso dal 'sessosessosesso', sia semplicemente andato oltre alla mera lettura didascalica, e non si sia fermato all’atto sessuale in se, a n a l i z z a n d o (e spero tu non ti ferma alle prime due sillabe…)altre figure o 'introspezioni' presenti nel racconto; ma ognuno è libero di interpretare ed io non intendo fare apologia di quello che scrivo.
Riguardo alla 'realtà’ , suppongo che, come per qualche altro lettore, sia un luogo che tu frequenti poco e non oso immaginare con quali letture foderi i tuoi occhi o anestetizzi la tua mente.

Grazie per avermi letto

Marco Smorra

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